lunedì 24 agosto 2020

Film: "Un fragile legame", 2019, regia di Adeline Darraux

 

Un fragile legame, la trama

Andato in onda su rai3 il 5 agosto e disponibile su rai play

Mina è una giovane ragazza etiope, è stata adottata dalla nascita da Judit e Lionel, una coppia già genitori. Mina ha avuto un trauma da piccola ma, nonostante ciò, cresce in tutta serenità circondata dall’affetto della sua famiglia adottiva. Quando però compie 13 anni, qualcosa cambia. Mina attraversa una crisi in fase adolescenziale e sente di aver perso la sua identità, si sente intrappolata in due mondi diversi, nessuno dei due la fa sentire realmente a casa. In pochi giorni, avverte una profonda gelosia nei confronti della sorella che la porta ad assumere atteggiamenti aggressivi, in più decide di mettere i genitori l’uno contro l’altro: così facendo la famiglia inizia a sfaldarsi. Quando poi la rabbia si trasforma in violenza, i genitori non sanno più cosa fare.

Nel 2019 è uscito nelle piattaforma televisive il film drammatico Un fragile legame, diretto da Adeline Darraux.

Non è mai uscito nei Cinema, ma direttamente in Tv, è un adattamento del libro Mauvaise Mère: les blessures de l’adoption di Judith Norman.

martedì 4 agosto 2020

COME TE LA PASSI? Adolescenti durante il lockdown

Come te la passi? (3)

Di Elisa Lupano

Un sondaggio tra i ragazzi che frequentano il doposcuola di un’associazione di Torino


Qualche conclusione

Non si pretende dare delle conclusioni valide per tutti gli adolescenti, e nemmeno per gli adolescenti che frequentano l’Associazione ASAI di Torino, essendo così esiguo il numero dei ragazzi che hanno risposto. M qualche riflessione si può fare.

Dalle risposte emerge un forte senso di vuoto, di mancanza di quelli che sono chiamati i “contenitori” della loro vita: la scuola innanzitutto, e il doposcuola, dove non solo possono fare i compiti e trovare un aiuto, ma anche giocare, ritrovare gli amici, fare due chiacchiere con gli educatori e i volontari. Solo per qualcuno lo sport riempie la giornata o la settimana. Fare sport significa impegno, anche economico, e diponibilità dei genitori ad accompagnali e andare a prenderli, cosa che non tutti possono fare. Alla meglio, fare sport è dare due calci al pallone ai giardini, dove possibile.

Il vuoto fa sentire la noia, la solitudine e dà un senso di insofferenza. Dare un nome alle emozioni è importante, è un primo passo per saperle gestire, ma per gestirle ci vuole la relazione, la presenza dell’altro che ci fa da specchio e ci spinge a metterci in gioco. Infatti il desiderio più grande, quando l’isolamento finirà, è quello di rivedere tutti, fare festa, parlare molto faccia a faccia.

Dare un nome alle nostre emozioni è importante ma non basta, se siamo da soli.

Soli, si perché in famiglia si parla poco, non si gioca tanto con i fratelli e le sorelle, piuttosto passano le comunicazioni di servizio: segui la lezione, hai fatto i compiti, metti in ordine la stanza o la cucina. Così rimane molto tempo per pensare: pensare a quel che manca, a quello che non si può fare, a quello che non si è detto e si sarebbe voluto dire. Questo sarà il bisogno più grande, all’apertura delle scuole e delle attività extrascolastiche. Un bisogno di ascolto e di narrazione delle proprie emozioni, che andrà raccolto da tutti, per dare il tempo di ritornare, con i tempi che ci vorranno, alla normalità.

Le scuole sanno che non potranno far fronte a tutte le nuove esigenze da sole, ma potranno contare su esperti del Privato Sociale e del Terzo Settore: l’attività di counselling, per potenziare le competenze emotive e sociali dei ragazzi, alimentare la resilienza di fronte alle esperienze traumatiche, ed inventare nuove soluzioni ai problemi, potrà essere un valido aiuto per ripartire.

 

COME TE LA PASSI? Adolescenti durante il lockdown

Come te la passi? (2)

Di Elisa Lupano

Un sondaggio tra i ragazzi che frequentano il doposcuola di un’associazione di Torino


A rafforzare questo pensiero sono le emozioni che i ragazzi dichiarano di provare in questo periodo: un quarto dichiara di sentirsi solo, pur avendo dichiarato in maggioranza di trascorrere la giornata con genitori e fratelli, e quasi la metà dice di annoiarsi, alcuni si sentono insofferenti. Non sono pochi quelli che esprimono paura per il contagio, e solo pochissimi si sentono liberi da impegni. Incrociando un po’ di dati, tra quelli che hanno descritto la loro giornata come disorganizzata, che va avanti come capita, tutti esprimono un senso di noia, solitudine e anche insofferenza, malinconia “per prima”, per la normalità di prima, e il desiderio di incontrare gli amici e i compagni di scuola.

 

Il desiderio più grande, infatti, al termine dell’isolamento, è quello di rivedere e riabbracciare gli amici. Anche se i ragazzi hanno dichiarato di trascorrere, in tempi normali, la maggior parte del tempo chattando con gli amici, la relazione virtuale non riesce a sostituire quella concreta e diretta, fatta di giochi e scherzi, fatta di litigate e riappacificazioni.

La domanda successiva chiedeva quale sarebbe stata la prima cosa che avrebbero fatto quando fosse finito l’isolamento, scrivendo liberamente le loro risposte. La maggioranza vorrebbe, come prima cosa rivedere gli amici, e “parlare tanto faccia a faccia”, e tra questi c’è chi esprime il desiderio di tornare a scuola e al doposcuola, rivedere tutti, compagni e professori e “magari fare una festa”.  Per qualcuno la prima cosa che faranno sarà giocare a calcio, o andare in piscina, fare comunque movimento. C’è chi esprime il desiderio di vedere i parenti, o tornare nel paese di origine, per salutare tutti. Un discreto numero esprime semplicemente il desiderio di uscire, per respirare l’aria, camminare un po’ tranquillo per la città, andare al parco.

L’ultima domanda chiedeva se avevano ancora qualcosa da aggiungere. Pochi aggiungono qualcosa, ribadendo il bisogno di tronare alla normalità e al doposcuola.

C’è anche chi fa qualche riflessione su tutto quello che è successo, e un pensiero sul futuro:

Non vedo l'ora che finisca tutto e penso che dopo tutto ciò non cambierà molto della nostra vita; si, ci ricorderemo che è successo ma le persone che questa pandemia non ha toccato non credo che ricorderanno a lungo”.

lunedì 3 agosto 2020

COME TE LA PASSI? Adolescenti durante il lockdown

Come te la passi? (1)

Di Elisa Lupano

Un sondaggio tra i ragazzi che frequentano il doposcuola di un’associazione di Torino

Durante il periodo di isolamento a causa del Covid-19, ho lanciato un breve sondaggio on line per i ragazzi che frequentano i doposcuola dell’Associazione ASAI, con lo scopo di capire meglio come passavano il loro tempo e di conoscere emozioni e pensieri durante la permanenza forzata a casa.

Hanno risposto circa 50 ragazzi, la maggior parte di 14 anni o più, ma abbiamo avuto risposte anche dai più giovani, di 11, 12 e 13 anni. Anche se non sono molti rispetto al numero dei ragazzi che frequentano il doposcuola, le loro risposte ci danno una fotografia dei loro pensieri e delle loro vite in questo periodo.

La maggior parte risponde che trascorre la giornata con i genitori e i fratelli, solo qualcuno da solo, e alla sera con un genitore, in particolare la mamma. Sono pochissimi che stanno con altre persone della famiglia (zii o nonni).

Per quanto riguarda l’organizzazione della giornata abbiamo chiesto se il tempo trascorso a casa seguiva o meno una organizzazione e tempi determinati. Solo il 20% considera la sua giornata ben organizzata, mentre il restante 80% si divide tra giornate che vanno avanti senza organizzazione, un po’ come capita (30%) e giornate un po’ organizzate e un po’ no (50%).

 

Ho anche chiesto quali pensieri avevano avuto nel momento in cui hanno sentito che le scuole sarebbero state chiuse. Le risposte ci riportano un senso di disorientamento per più della metà dei ragazzi (ero un po’ contento e un po’ no (56%), mentre i contenti e i molto contenti rappresentano insieme circa un quarto dei ragazzi che hanno risposto. A questi si aggiungono i dispiaciuti (pochi) e quelli che hanno sentito, a fronte di una decisione così grave, la paura. Alcune risposte individuali scritte nella casella “ALTRO” ci dicono: “ho pensato che mi sarei annoiato”,  “ero felice di stare con tutta la mia famiglia ma mi sono subito mancate le mie amiche i professori” “ero un po' scettico” e “ero triste”.

 

 

Interessante sono state le risposte rispetto a “Cosa pensi adesso?”, dopo circa un mese di isolamento. in questo caso abbiamo chiesto di esprimere liberamente cosa pensavano, per non ingabbiare le risposte in frasi già confezionate. I loro pensieri sono leggermente cambiati rispetto alla prima risposta emotiva data alla notizia della chiusura delle scuole: quasi la metà esprime il bisogno di un ritorno alla normalità, alla scuola, al doposcuola, alle uscite con gli amici, anche se tra questi c’è chi dice di apprezzare questo nuovo modo di fare lezione on line, e soprattutto qualcuno apprezza questo periodo di calma che permette di mettere a posto pensieri e emozioni, grazie ad un parziale allontanamento dallo stress quotidiano provocato dalla scuola. Alcuni esprimono preoccupazioni più mirate alla situazione esterna alla loro vita: il contagio, il sistema sanitario, il modo di gestire da parte delle autorità i sistemi di protezione dal virus.

 

Volevo sapere cosa fanno durante il giorno, chiedendo di esprimersi rispetto ad una serie di attività, dichiarando, per ogni attività indicata, se la svolgevano per niente, poco, abbastanza, molto o moltissimo.

 

 

Rispondono che fanno abbastanza i compiti, giocano pochissimo alla play, non leggono, giocano un po’ di più ai videogiochi sul cellulare, chattano con gli amici e seguono i loro preferiti sui social. Cucinare e giocare con i fratelli sono attività poco praticate, di più sono quelli che fanno i lavori di casa. Un discreto numero durante il giorno dichiara di pensare molto o moltissimo. A cosa pensa? Questo dobbiamo chiedercelo. Ma ci fa pensare a famiglie in cui si trascorre il tempo fisicamente nello stesso spazio, ma un tempo riempito da scarse relazioni tra i componenti della famiglia, in cui ognuno comunica con chi è lontano, trascurando di riconoscere le emozioni di chi sta vicino.

                                                                                                            (continua)